03 August, 2021

Zoom ha patteggiato in una causa da 86 milioni sulla privacy

Zoom ha scelto di patteggiare una causa sulla privacy negli Stati Uniti pagando 86 milioni di dollari. La società di videoconferenze è accusata di avere violato la riservatezza dei suoi utenti condividendo dati personali con Facebook, Google e LinkedIn.

L’azienda è stata citata in giudizio anche per avere dichiarato erroneamente di offrire la crittografia end-to-end e di non aver impedito agli hacker di fare zoombombing durante le chiamate. Zoom ha negato queste accuse ma, oltre a pagare per la fine del procedimento, ha accettato di potenziare le sue misure di sicurezza.

L’accordo preliminare prevede che Zoom fornisca al suo personale una formazione specializzata nella gestione dei dati e nella privacy. Tra le altre cose gli utenti riceveranno un avviso quando gli host delle o altri partecipanti utilizzano app di terze parti nelle riunioni.

Il documento deve ancora ricevere l’approvazione del giudice distrettuale degli Stati Uniti, Lucy Koh, a San Jose, in California. Secondo l’accordo i querelanti abbonati a Zoom Meetings avrebbero diritto a rimborsi del 15% sulle loro sottoscrizioni o 25 dollari, a seconda di quale sia più maggiore, mentre altri potrebbero ricevere fino a 15 dollari. Queste persone hanno anche intenzione di chiedere fino a 21,25 milioni di dollari per spese legali.

Il giudice Koh ha concesso l’archiviazione solo di una parte del caso relativa a violazione della privacy e negligenza, ma ha permesso ai querelanti di continuare a perseguire alcune rivendicazioni relative ai contratti.

Un portavoce di Zoom ha dichiarato che la privacy e la sicurezza degli utenti sono la priorità per l’azienda. Zoom si è detto orgoglioso dei progressi fatti, ma ha dichiarato che punterà a migliorarle ancora.

La class action, intentata nel marzo 2020, è solo una delle numerose denunce legali affrontate dalla piattaforma di videoconferenza con sede negli Stati Uniti. Zoom ha visto la sua base di utenti crescere in modo vertiginoso con la pandemia di Covid-19 che ha costretto in tantissimi al lavoro da casa.

Un problema chiave che ha portato alcune aziende a scegliere di smettere di utilizzare la piattaforma è stato però proprio il fenomeno degli incidenti di “zoombombing”, in cui ospiti non invitati entrano durante le riunioni per causare problemi.

News ripresa da: Wired.it