13 March, 2024

Attacchi cyber, Italia più vulnerabile: i dati del rapporto Clusit 2024

Aumentano ancora gli attacchi cyber, in Italia +65 per cento nel 2023, come rivelano i primi dati del rapporto Clusit 2024, che sarà presentato ufficialmente al Security Summit il 19 marzo: tra i settori più colpiti la Sanità, la Finanza e il Manifatturiero, ecco la situazione.

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Attacchi cyber, i dati Clusit

Sofia Scozzari di Clusit ha spiegato che “già dal 2022 la realtà supera le aspettative”, con un aumento del +12 per cento tra 2022 e 2023. Il cyber crime rimane sempre la principale motivazione alla base degli attacchi, per ottenere un guadagno economico e vantaggi, attestandosi sull’83,3 per cento. L’hacktivism, che negli anni scorsi stava sparendo, ma nel 2023 tornato in auge, mentre fenomeni di information warfare e espionage sono leggermente in diminuzione.

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Cybersecurity, lo scenario italiano

L’Italia appare sempre più nel mirino dei cyber criminali: nel 2023 è andato a segno l’11% degli attacchi gravi globali individuati dal Clusit, era il 7,6% nel 2022. Il totale è di 310 attacchi, dato che “marca una crescita del 65% rispetto al 2022. Oltre la metà degli attacchi – il 56%ha avuto conseguenze di gravità critica o elevata. Con uno sguardo agli ultimi cinque anni, emerge inoltre che oltre il 47% degli attacchi totali censiti in Italia dal 2019 si è verificato nel 2023″, comunica il Clusit in una nota.

Gli attacchi cybercrime, a fini economici, sono il 64 per cento ma l’hackitivism – vedi Noname pro-Putin – sono il 34 per cento ora, con una crescita del 761 per cento. Colpisce che ben il 47 per cento degli attacchi mondiali di questo tipo abbia riguardato l’Italia.

Nel 2024 potrebbe andare peggio, per motivi geopolitici, come ricorda Faggioli perché “è un anno in cui si apriranno le urne per 2 miliardi di persone in 70 paesi del mondo, e ciò accade in un momento in cui con l’introduzione della AI nella vita quotidiana pone di nuovo al centro, con alterne fortune ed efficacia, i temi dell’Etica e della Sovranità Digitale, che non possono esistere, tuttavia, senza garanzie sulla sicurezza delle informazioni, senza una adeguata cultura digitale (molto scarsa in Italia come fotografato impietosamente dall’Indice DESI) e senza una adeguata politica industriale che metta al centro gli investimenti in aziende tecnologiche”, conclude Faggioli.

Faggioli riguardo all’Italia ha segnalato: “Vogliamo mantenere alta l’attenzione anche sulla frammentazione di infrastrutture e servizi che caratterizza la cyber security nel nostro Paese, e che rischiano di produrre una moltiplicazione di sforzi, ciascuno in sé poco efficace, come ampiamente dimostrato dai settori di mercato maggiormente colpiti e anche considerando la spesa complessiva italiana in cybersecurity”.

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News ripresa da CYBERSECURITY360